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sabato 15 dicembre 2012
Nessuno tocchi Paolino - Marco Travaglio - Il Fatto Quotidiano 15/12/2012
15/12/2012
Chi l’avrebbe mai detto: Paolo Berlusconi scagiona Silvio nel processo che li vede imputati entrambi per violazione del segreto sull’intercettazione Consorte-Fassino (“Siamo padroni di una banca?”), segretata e nemmeno trascritta dai pm, ma trafugata da un suo amico, portata in dono ad Arcore e pubblicata pochi giorni dopo dal Giornale di famiglia. Nel Gruppo la delega del Berluschino, come lo chiamava Montanelli, è nota. Il Giornale diffama i giudici per conto di Silvio, e chi paga i danni? Paolo. Silvio commette i reati e Paolo finisce dentro. O almeno ce la mette tutta, in questo molto simile al direttore del suo (si fa per dire) Giornale. Sallusti ci tiene tanto a finire al gabbio per una delle sue tante diffamazioni, invece i giudici lo spediscono ai domiciliari. Allora ci ha riprovato evadendo un minuto dopo sotto gli occhi degli esterrefatti poliziotti, ma il Tribunale lo assolve. Resta da capire cosa debba fare un onesto cittadino che paga le tasse per trascorrere qualche giorno dietro le sbarre. Paolino Berluschino, invece, delle patrie galere è un habitué, ma il suo problema è che poi non riesce quasi mai a farsi condannare, nemmeno (anzi, tantomeno) quando confessa. Tant’è che, per portare a casa la sua brava condanna, che da quelle parti fa curriculum, dovette patteggiare 23 mesi per corruzione e altri reati nello scandalo della discarica di Cerro Maggiore, più un mega-risarcimento di 101 milioni alla Regione Lombardia. Per il resto, un’assoluzione via l’altra. La più clamorosa fu quella per le tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza che, tanto per cambiare, lo vedevano reo confesso al posto del Grande Fratello. Era l’estate ’94 e, appena esplose lo scandalo, il premier Silvio vietò il carcere per i tangentari col decreto Biondi. Ma poi Fini e Bossi si sfilarono, il decreto sfumò e Paolo finì in guardina. Montanelli, su La Voce , scrisse un perfido editoriale invocando per lui “tutta la comprensione e l’indulgenza di Mani pulite”, giurando, “se non sulla sua innocenza, sulla sua innocuità. Ho avuto per un paio d’anni Paolo come editore. E non mi sono mai accorto del suo esistere. Presiedeva il Cda… rannicchiato sulla sua poltrona senza dare il minimo segno d’interesse, spento lo sguardo come quello d’un pesce morto, spento fra le labbra il mezzo sigaro… Vi era un solo modo di vincere la sua atarassia: mormorargli all’orecchio: ‘Ma è vero che Gullit…’. A quel nome… reagiva come la rana di Galvani alla scossa elettrica. Di colpo gli si accendevano lo sguardo e il sigaro, la lingua gli si scioglieva. Ma era un attimo. Poi ripiombava nella sua atarassia. No, Di Pietro deve credermi: Paolo non può aver fatto nulla di male, o almeno non può averlo fatto consapevolmente. È un personaggio al di sotto di ogni sospetto”. Infatti i giudici, non potendo credere che contasse qualcosa, lo assolsero e condannarono Silvio, poi salvato in Cassazione per insufficienza di prove. Ora lo attende la prova più difficile: convincere il Tribunale che il suo ex socio Fabrizio Favata – reo confesso di aver portato ai fratelli B. la bobina di Fassino e di averla fatta ascoltare il 24 dicembre 2005 a Silvio, che gli promise eterna gratitudine – mente per la gola: in realtà la telefonata non la sentì nessuno, né lui né Silvio, perché quel giorno ad Arcore il Pc si impallò sul più bello. E perché Favata avrebbe inventato tutto? “Perché voleva ricattarmi”. E perché non lo denunciò? “Perché sono stato educato dai salesiani”. Andava fortissimo in una materia: l’omertà. Riuscirà il piccolo scudo umano a farsi condannare almeno stavolta al posto di Silvio? Solo così potrebbe liberarsi finalmente del complesso d’inferiorità che lo perseguita fin da bambino. E che un giorno gli fece confidare a un amico: “Quando esco di casa per andare in ufficio, il portiere mi domanda sempre: ‘Dottor Paolo, come sta la madre di suo fratello?’”.
Da IL Fatto Quotidiano del 15/12/2012.
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