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venerdì 4 gennaio 2013
Perché Antonio Ingroia sfonderà - Il Fatto Quotidiano
di Benny Calasanzio Borsellino
4 gennaio 2013
E dunque, considerando un sondaggio per quello che è, ovvero un sondaggio, la lista
Rivoluzione Civile e il suo portabandiera, Antonio Ingroia, sono passati da uno 0,5%
nelle intenzioni di voto, rilevato da Swg a metà dicembre, al tondo 5 per cento di Piepoli
diffuso in questi giorni. E con tutti i guanti felpati del caso, qualche riflessione si può
già fare.
Quattro sono gli aspetti fondamentali che mi fanno pensare che questo 5% sia solo il
primo gradino di una scalata che può portare Rivoluzione Civile laddove nessuno può
immaginare.
1) Boom a tempo record. Non ho ricordi di altre formazioni politiche che a pochi giorni
dalla nascita abbiano sfondato l’ipotetico muro del 5 per cento. Molti ancora non sanno
nemmeno che Ingroia abbia accettato e che sia candidato. Con una campagna elettorale
condotta con intelligenza è fisiologico che quella percentuale possa tranquillamente
raddoppiare, visti anche i cali di altri schieramenti.
2) Il profeta Mastella. Quando l’ex pm Luigi de Magistris lasciò il comodo scranno a
Bruxelles dichiarando di voler fare il sindaco di Napoli, sfidando sia Pd che Pdl, il coro
di pernacchie politiche fu unanime. Clemente Mastella, un vecchio esemplare politico
che i più giovani non ricorderanno già più, si spinse a dire: “Se Luigi de Magistris va al
ballottaggio mi suicido, ma non ci arriverà, non si è mai visto un magistrato che arriva a
fare il sindaco di una grande città”. De Magistris è riuscito in un’impresa titanica parlando
una lingua comune, dialogando ma non sottostando ai partiti e chiedendo l’aiuto di
migliaia di giovani che sono arrivati a Napoli anche dal Nord Italia per sostenerlo.
Se Ingroia è il leader della formazione, de Magistris è il padre nobile; entrambi non
soffrono di primadonne e insieme stanno lavorando molto bene. Non riesco a vedere
nubi all’orizzonte.
3) I “dissuasori per affetto”. Già alla firma del manifesto “Io ci sto” era nell’aria che
Antonio Ingroia avrebbe accettato le molte richieste di scendere/salire/spostarsi in campo
da parte dei movimenti e dello stesso sindaco di Napoli. E immediatamente si sono
moltiplicati gli appelli che gli chiedevano, invece, di non farlo, di rimanere in magistratura.
Nel 99% dei casi si trattava di persone perbene, di giovani, di uomini e donne impegnate
sul quotidiano fronte antimafia. Voce migliore e più attendibile è stata quella di Nando
Dalla Chiesa, un galantuomo amico di Ingroia, che con grande sofferenza ha spiegato
perché l’ex pm abbia fatto una scelta sbagliata; Dalla Chiesa, nella sua intervista alla
Stampa, si è fatto portavoce di tutte quelle persone, note e meno note, che più o meno
apertamente speravano fino alla fine che Ingroia facesse un passo indietro, non perché
“inadatto”, ma per preservare il suo patrimonio professionale fatto di inchieste e indagini delicatissime che sarebbero potute risultare delegittimate da un impegno politico. Ma ora
che l’ex pm palermitano ha ufficialmente accettato la candidatura, è difficile pensare che
tutte quelle persone, che sono davvero tante e che gli riconoscevano integrità morale e
capacità, ora che il dado è tratto alle urne, scelgano di non sceglierlo. Che, avendo la
possibilità di spedirlo in Parlamento per seminare panico e disperazione tra i vari
Dell’Utri e Cosentino, scelgano altro. Suppongo che nella maggior parte dei casi, proprio
in virtù della stima che nutrono nei confronti di Ingroia, gli accorderanno la propria
fiducia e inviteranno altri a farlo: “non avresti dovuto, ma ormai che ci sei…”. Così
penso che farà (senza conoscerlo bene) Nando Dalla Chiesa, e così penso faranno tutti
gli altri che, quasi con affetto, gli chiedevano di finire il suo lavoro in Guatemala e poi
tornare a Palermo.
4) Movimento 5 Stelle. Prima di Rivoluzione Civile, per chi, come me, non avrebbe
voluto rinunciare al voto, non ci sarebbero state molte scelte. Turandosi il naso per una
gestione putiniana del dissenso, io stesso avrei votato per il M5S, non per Grillo: conosco
la maggior parte dei candidati alla Camera e al Senato e per me erano e sono garanzia di
serietà e, spero, di indipendenza. Oggi, invece, per chi crede che dall’estirpazione delle
mafie dipenda gran parte della soluzione al problema socio-economico “Italia” e che la
cultura (dagli asili alle università) in questo giochi un ruolo fondamentale, per chi chiede
una politica coraggiosa e senza timori reverenziali nei confronti di banche e poteri forti,
c’è un’altra possibilità. Non faccio il sondaggista e non so se il calo vertiginoso del M5S
nei sondaggi sia da attribuire a questa nuova possibilità, ma di certo, almeno in un misero
caso (il mio), mi viene offerta una proposta che mi appaga senza se e senza ma: si parla
di scuola, di diritti, di economia, di lotta alla mafia e alla corruzione, non si butta fuori chi
dissente, non si manda a quel paese nessuno. A questo scenario si aggiunge l’enorme
popolo del non voto: se Ingroia li convincerà la storia potrebbe prendere un altro corso.
Queste personalissime riflessioni, partorite senza alcun criterio scientifico e figlie
unicamente della mia logica, mi fanno sperare che quel 5 per cento possa diventare
molto di più, consentendo di riempire i rami del Parlamento di persone che riflettano le
battaglie e gli ideali di chi, avendo perso ciò che di più caro aveva a causa della violenza
mafiosa, spera ora di restituire quello schiaffo a cosa nostra tramite Antonio Ingroia.
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