lunedì 28 gennaio 2013

Il Temperatore generale - Marco Travaglio - Il F.Q. 27/1/2013


Finora c’erano le matite temperate, il clima temperato e il clavicembalo ben temperato di Bach. Da ieri c’è pure l’azione penale temperata. Merito del presidente della Corte d’appello di Milano Giovanni Canzio, che 11 anni dopo il grande discorso di Borrelli (“resistere resistere resistere”), ha inaugurato l’anno giudiziario con una proposta avvincente: “L’introduzione, con i criteri della scarsa rilevanza del fatto e della tenue offensività della condotta, di talune forme di obbligatorietà temperata dell’azione penale”. La proposta indecente ricorda la famosa scenetta di Tognazzi e Vianello sul falegname che prendeva un tronco d’albero e ne ricavava un solo stuzzicadenti, asportandone il legno superfluo tutt’intorno. Analogamente, se oggi il pm è obbligato dalla Costituzione a procedere su ogni notizia di reato, domani – secondo Canzio – dovrebbe armarsi di temperino per smussare, levigare, piallare alcuni fascicoli fino a farli sparire. E quali? Quelli più difficili e più lunghi. E come? “Archiviandoli in base alla regola dell’inidoneità degli atti a sostenere l’accusa in giudizio: formula di cui è auspicabile un più largo uso”. Il vero pericolo non è infatti il dilagare della criminalità, specie fra le classi dirigenti, ma la troppa custodia cautelare e “l’ipertrofia accusatoria” che “rafforza nell’opinione pubblica i pregiudizi di colpevolezza e può ledere il diritto di difesa”. Ergo, indagare e arrestare il meno possibile. Indovinate un po’ quali sono le inchieste più lunghe e complicate che non si farebbero più? Non certo quelle sui ladri di polli, ma quelle sui ladri di Stato. Sopire
e troncare, diceva il Conte Zio. Temperare, raccomanda il Conte Canzio. Nascono così le figure del Sostituto Temperatore, del Temperatore Capo e naturalmente del Temperatore Generale. Canzio, per chi non lo ricordasse, è il presidente di quella Corte d’appello che temperò il processo Mills ritardando il diniego alla ricusazione dei giudici fino a far scattare la prescrizione per B. Ma purtroppo non è solo: il Pg di Roma Santacroce e il presidente della Cassazione Lupo se la prendono, non si sa bene a che titolo, con Ingroia che si candida e “vuol salvare il mondo” (e anche se fosse?), mentre sulle altre toghe in politica non han mai detto una parola. E il Pg della Cassazione Ciani ricorda commosso davanti a Napolitano il consigliere D’Ambrosio, che interferiva con lui nelle indagini sulla trattativa. Sono questi, magari a loro insaputa, i magistrati che “fanno politica”, e con la toga o l’ermellino addosso: perché si assumono il ruolo tutto politico di calmierare l’azione penale che, se lasciata a briglia sciolta come prevede la Costituzione, rischia di travolgere il Sistema. Le principali banche e i grandi gruppi industriali hanno bilanci falsi e/o evadono le tasse. I grandi partiti sono marci dalle fondamenta. Gli apparati di sicurezza sono altamente inquinati, come dimostrano le indagini sulla trattativa, sugli appalti del Viminale, sul G8 di Genova ecc. Il ventennio berlusconiano è una tale cloaca di delitti e conflitti d’interessi che, senza un freno all’azione penale, le retate si susseguiranno trasversalmente per un decennio, man mano che i liquami tracimeranno. E verrebbe giù tutto. Ogni scandalo, vedi Montepaschi, risale subito dal singolo episodio delittuoso alle responsabilità di sistema. Le vie d’uscita sono due: far emergere tutta la sporcizia, depurare l’ambiente, epurarne i responsabili e ripartire da zero; o mettere un bel tappo sulla fogna per nascondere la merda. Come dopo Tangentopoli, prevale la seconda. Infatti, in coincidenza col caso Mps, D’Alema e alti magistrati sparano sull’azione penale obbligatoria. Come se la (presunta) archiviazione del berlusconismo autorizzasse finalmente le toghe e la sinistra a fare ciò che B. tentò ma non riuscì: desistere, desistere, desistere. Per favore, ridateci Borrelli.

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