martedì 19 febbraio 2013

Telecanto e melesuono - Marco Travaglio - Il F.Q. 19/02/2013

Bersani: «Basta balletti, in tv o tutti o nessuno». Sarò strano, ma non riesco a 
capire tutta questa  ossessione per i confronti televisivi che si fanno o non 
si fanno. Intendiamoci: Grillo ha sbagliato di brutto a promettere e poi disdire 
l’intervista con Sky (e non è la prima gaffe: quella strana frase sui magistrati che
“fanno paura” proprio mentre indagano sui poteri fortissimi ha sconcertato una 
bella  fetta della sua base). Ma soprattutto ha sbagliato a prometterla, perché 
diciamoci la verità: nessuna delle  centinaia di pallosissime telecomparsate degli 
aspiranti premier e dei loro candidati ha spostato di un  millimetro gli 
orientamenti degli elettori. L’idea di un bel dibattito all’americana, dove 
un'avversario o un giornalista mette in difficoltà il politico di turno e gli fa 
perdere voti, in Italia è pura utopia: e lo resterà finché la politica comanderà
sulle tv. Paradossalmente, il programma che più s’è avvicinato a quel modello 
è stata la puntata di Servizio Pubblico che tutti i giornali hanno accusato di aver 
rilanciato  Berlusconi (perciò Bersani e Monti non sono venuti da Santoro: 
per evitare eccessivi rilanci). Quella sera il Cavaliere, per la prima e ultima volta 
nella sua carriera, fu costretto ad ammettere di non essersi  opposto alla decisione 
di Monti di introdurre l’Imu sulla prima casa; e addirittura di essersi confuso, a 
causa dell’età avanzata, sul complotto delle banche tedesche contro il suo 
governo. Tant’è che per  qualche settimana evitò accuratamente di dichiarare 
guerra alla Germania e di accusare Monti sull’Imu, pensando che le due balle 
fossero ormai inutilizzabili e occorresse inventarne qualcun’altra (tipo la 
restituzione dell’Imu in contanti). Poi andò a un programmino domenicale di 
La7 e ripeté le due balle  senza che i due conduttori gli ricordassero che erano
già state smontate da Servizio Pubblico . Dunque  capì che poteva usarle di 
nuovo: nella tv italiana non si butta via niente. Del resto, avete mai sentito 
qualcuno (esclusi i presenti) rinfacciargli i suoi processi o gli impresentabili nelle
sue liste? Tutti gli  scandali, per lui, sono ormai mediaticamente prescritti:
 condono tombale. E così i casi Penati o Mps per  Bersani. E così l’inerzia su 
Finmeccanica per Monti. In compenso Ingroia, le rare volte in cui appare in 
video, deve continuamente giustificarsi per essere un magistrato e peggio 
ancora un incensurato; poi, quando potrebbe illustrare le proposte del suo 
movimento, il tempo è scaduto. Invece glli altri leader intervistati in tutte le 
tv possono dire le loro cose, vere o false che siano, senza incontrare ostacoli. 
Non perché alcuni intervistatori non tentino di incalzarli sulle loro 
contraddizioni, ma perché mai come in questa campagna elettorale si è 
mentito tanto spudoratamente sul passato e sul futuro, sui programmi e
sulle alleanze. Anche la domanda più cattiva, impertinente, puntuta è 
destinata a infrangersi contro  risposte generiche o sfuggenti o menzognere.
E la legge sulla par condicio proibisce al conduttore di interrompere l’ospite 
logorroico o bugiardo per ristabilire punto per punto la verità. Solo un confronto 
fra tutti e sei i candidati premier potrebbe spostare qualcosa: non tanto per i 
contenuti (perlopiù falsi o utopistici), quanto per l’efficacia della comunicazione, 
che non è uguale per tutti. Ma il confronto a sei non lo vuole nessuno dei 
big: troppi altarini da nascondere. Infatti pongono condizioni inaccettabili 
(confronto a due o a tre, fuori gli altri) per evitarlo. Quindi non facciano i 
furbi: sono allergici alle domande proprio come Grillo che (giustamente) 
accusano di allergia alle domande. Ps. Ieri B. ha annullato la sua 
partecipazione a Otto e mezzo dove avrebbe dovuto rispondere alle domande di 
Lilli Gruber e del sottoscritto. Chissà cosa diranno ora i tromboni che mi 
accusavano di avergli regalato una barcata di voti a Servizio Pubblico: forse che 
temeva di stravincere?

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