Bersani: «Basta balletti, in tv o tutti o nessuno». Sarò strano, ma non riesco a
capire tutta questa ossessione per i confronti televisivi che si fanno o non
si fanno. Intendiamoci: Grillo ha sbagliato di brutto a promettere e poi disdire
l’intervista con Sky (e non è la prima gaffe: quella strana frase sui magistrati che
“fanno paura” proprio mentre indagano sui poteri fortissimi ha sconcertato una
bella fetta della sua base). Ma soprattutto ha sbagliato a prometterla, perché
diciamoci la verità: nessuna delle centinaia di pallosissime telecomparsate degli
aspiranti premier e dei loro candidati ha spostato di un millimetro gli
orientamenti degli elettori. L’idea di un bel dibattito all’americana, dove
un'avversario o un giornalista mette in difficoltà il politico di turno e gli fa
perdere voti, in Italia è pura utopia: e lo resterà finché la politica comanderà
sulle tv. Paradossalmente, il programma che più s’è avvicinato a quel modello
è stata la puntata di Servizio Pubblico che tutti i giornali hanno accusato di aver
rilanciato Berlusconi (perciò Bersani e Monti non sono venuti da Santoro:
per evitare eccessivi rilanci). Quella sera il Cavaliere, per la prima e ultima volta
nella sua carriera, fu costretto ad ammettere di non essersi opposto alla decisione
di Monti di introdurre l’Imu sulla prima casa; e addirittura di essersi confuso, a
causa dell’età avanzata, sul complotto delle banche tedesche contro il suo
governo. Tant’è che per qualche settimana evitò accuratamente di dichiarare
guerra alla Germania e di accusare Monti sull’Imu, pensando che le due balle
fossero ormai inutilizzabili e occorresse inventarne qualcun’altra (tipo la
restituzione dell’Imu in contanti). Poi andò a un programmino domenicale di
La7 e ripeté le due balle senza che i due conduttori gli ricordassero che erano
già state smontate da Servizio Pubblico . Dunque capì che poteva usarle di
nuovo: nella tv italiana non si butta via niente. Del resto, avete mai sentito
qualcuno (esclusi i presenti) rinfacciargli i suoi processi o gli impresentabili nelle
sue liste? Tutti gli scandali, per lui, sono ormai mediaticamente prescritti:
condono tombale. E così i casi Penati o Mps per Bersani. E così l’inerzia su
Finmeccanica per Monti. In compenso Ingroia, le rare volte in cui appare in
video, deve continuamente giustificarsi per essere un magistrato e peggio
ancora un incensurato; poi, quando potrebbe illustrare le proposte del suo
movimento, il tempo è scaduto. Invece glli altri leader intervistati in tutte le
tv possono dire le loro cose, vere o false che siano, senza incontrare ostacoli.
Non perché alcuni intervistatori non tentino di incalzarli sulle loro
contraddizioni, ma perché mai come in questa campagna elettorale si è
mentito tanto spudoratamente sul passato e sul futuro, sui programmi e
sulle alleanze. Anche la domanda più cattiva, impertinente, puntuta è
destinata a infrangersi contro risposte generiche o sfuggenti o menzognere.
E la legge sulla par condicio proibisce al conduttore di interrompere l’ospite
logorroico o bugiardo per ristabilire punto per punto la verità. Solo un confronto
fra tutti e sei i candidati premier potrebbe spostare qualcosa: non tanto per i
contenuti (perlopiù falsi o utopistici), quanto per l’efficacia della comunicazione,
che non è uguale per tutti. Ma il confronto a sei non lo vuole nessuno dei
big: troppi altarini da nascondere. Infatti pongono condizioni inaccettabili
(confronto a due o a tre, fuori gli altri) per evitarlo. Quindi non facciano i
furbi: sono allergici alle domande proprio come Grillo che (giustamente)
accusano di allergia alle domande. Ps. Ieri B. ha annullato la sua
partecipazione a Otto e mezzo dove avrebbe dovuto rispondere alle domande di
Lilli Gruber e del sottoscritto. Chissà cosa diranno ora i tromboni che mi
accusavano di avergli regalato una barcata di voti a Servizio Pubblico: forse che
temeva di stravincere?
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