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sabato 6 aprile 2013
Si fa presto a dire Bonino - Marco Travaglio - Il F.Q. 06/04/2013
Molti italiani vorrebbero Emma Bonino al Quirinale. Perché è donna, perché è
competente, perché è onesta e mai sfiorata da scandali, perché ha
condotto battaglie spesso solitarie per i diritti civili e umani e
politici in tutto il mondo, forse anche perché è sopravvissuta a
Pannella e perfino a Capezzone. Insomma, un sacco di ottimi motivi,
tutti veri e condivisibili. Ma della sua biografia, in questo paese
dalla memoria corta, sfuggono alcuni passaggi politici che potrebbero
indurre qualcuno, magari troppo giovane o troppo vecchio per ricordarli,
a cambiare idea e a ripiegare su candidati più vicini al proprio modo
di pensare. A costo di essere equivocati, come ormai accade sempre più
spesso, complice il frullatore del web, li ricordiamo qui per
completezza dell’informazione, convinti come siamo che di tutti i
candidati alle cariche pubbliche si debba sapere tutto. “Conoscere per
deliberare”, diceva Luigi Einaudi, cuneese come lei. Nata 65 anni fa, la
Bonino è stata parlamentare in Italia sette volte e in Europa tre
volte, a partire dal lontano 1976. Da sempre radicale, si è poi
candidata nel ’94 con Forza Italia fondata da Berlusconi, Dell’Utri,
Previti & C., e col centrodestra berlusconiano è rimasta alleata,
fra alti e bassi, fino alla rottura del 2006, quando è passata al
centrosinistra. Ha ricoperto le più svariate cariche: deputata,
senatrice, europarlamentare, commissario europeo, vicepresidente del
Senato, ministro per gli Affari europei nel governo Prodi. Ed è stata
candidata a quasi tutto: presidente della Repubblica, presidente del
Consiglio, presidente delle Camere, ministro degli Esteri e della
Difesa, presidente della Regione Piemonte e della Regione Lazio, alto
commissario Onu ai rifugiati, rappresentante Onu in Iraq, addirittura a
leader del centrodestra (da Pannella, nel 2000). Nel ’94, quando si
candidò per la prima volta con B., partecipò con lui e la Parenti a un
comizio a Palermo contro le indagini su mafia e politica. Poi, appena
eletta, fu indicata dal Cavaliere assieme a Monti come commissario
europeo. Il che non le impedì di seguitare l’attività politica in
Italia, nelle varie reincarnazioni dei radicali: Lista Sgarbi-Pannella,
Riformatori, Lista Pannella, Lista Bonino. Nel ’99 B. la sponsorizzò per
il Quirinale, anche se poi confluì su Ciampi. Ancora nel 2005, alla
vigilia della rottura, la Bonino dichiarava di “apprezzare ciò che
Berlusconi sta facendo come premier” (una legge ad personam dopo
l’altra, dalla Gasparri alla Frattini, dal lodo Schifani al falso in
bilancio, dalla Cirami alle rogatorie alla Cirielli) e cercava
disperatamente un accordo con lui. Sfumato il quale, scoprì
all’improvviso i vizi del Cavaliere e le virtù di quelli che fino al
giorno prima lei chiamava “komunisti” e “cattocomunisti”. Molte delle
sue battaglie, referendarie e non, coincidono col programma
berlusconiano: dalla deregulation del mercato del lavoro (con tanti
saluti allo Statuto dei lavoratori, articolo 18 in primis) e contro le
trattenute sindacali in busta paga. Per non parlare del via libera alle
guerre camuffate da “missioni di pace” in ex Jugoslavia, Afghanistan e
Iraq. E soprattutto della giustizia: separazione delle carriere,
amnistia, abolizione dell’azione penale obbligatoria, responsabilità
civile delle toghe e no all’arresto per molti parlamentari accusati di
gravi reati: perfino Nicola Cosentino, imputato per associazione
camorristica. Alle meritorie campagne contro il finanziamento pubblico
dei partiti, fa da contrappunto la contraddizione dei soldi pubblici
sempre chiesti e incassati per Radio Radicale. Nel 2010 poi la Bonino
fece da sponda all’editto di B. contro Annozero : il voto radicale in
Vigilanza fu decisivo per chiudere i talk e abolire l’informazione tv
prima delle elezioni. Con tutto il rispetto per la persona, di questi
errori politici è forse il caso di tenere e chiedere conto.
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