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lunedì 29 aprile 2013
T’adoriam Letta divino - Marco Travaglio - Il F.Q. 29/04/2013.
Hanno ragione il presidente ridens Piero Grasso e i noti moderati Alemanno, La
Russa, Storace, Barani, Maroni, Prestigiacomo, Sallusti, Gasparri e la
sua signora Gasbarra: serpeggia, anzi tracima in Italia un eccesso di
opposizione che può armare la mano di qualche testa calda. Basta aprire
un giornale o un tg a caso per imbattersi in orde di giornalisti
ipercritici, addirittura feroci contro il governo Napoletta e i partiti
che lo compongono. Un coro pressochè unanime di attacchi forsennati che è
francamente difficile distinguere dalle pallottole. Tanto da far
sospettare che lo sciagurato attentatore, ieri mattina, prima di aprire
il fuoco sul Parlamento fosse passato in edicola o almeno reduce da una
full immersion negli speciali televisivi degli ultimi giorni. Ne
pubblichiamo qui una piccola antologia, sempre ribadendo il monito del
Capo Supremo affinchè la stampa smetta di “rinfocolare” e inizi a
“cooperare”. Letterman Show. “Il governissimo delle facce nuove”,
“Napolitano, missione compiuta”, “Letta, 77 ore per disinnescare la
guerra civile Pd-Pdl”, “Saccomanni, il tecnico che non fa sconti alla
finanza mondiale”, “La missione di Giovannini: rilanciare
l’occupazione”, “Farnesina in festa per l’arrivo della Bonino” (La
Stampa). “Governo Letta: record di donne, supertecnici e quarantenni”
(il Messaggero ). “Più donne e giovani, la squadra di Letta”, “Letta è
premier: donne e giovani. Provo una sobria soddisfazione”, “Ritorno alla
realtà”, “Sul governo il sigillo del Colle. E si apre il cantiere delle
riforme”, “Campane a festa per D’Alia” (Corriere ). “Governo giovane e
in rosa”, ”Straordinari doveri”, “Quagliariello: ‘E ora pacificazione’”,
“Su Interni e Giustizia la mossa decisiva” (Avvenire ). “La nuova
generazione”, “Le signore della competenza”, “Ecco il governo Letta,
giovani e donne” (Repubblica ). Ancora nessuna notizia dei bambini. Pigi
Lettista. “I due partiti maggiori che si accingono a formare un governo
presieduto da Letta stanno compiendo un atto coraggioso. Sanno che per
loro questa è l’ultima chiamata. Sanno che non possono fallire”
(Pierluigi Battista, Corriere, 25-4). Combattenti di terra, di mare e
dell’aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e
donne d’Italia, dell’Impero e del regno d’Albania! Ascoltate! Un’ora
segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. L’ora delle
decisioni irrevocabili. La parola d’ordine è una sola, categorica e
impegnativa per tutti. Essa già trasvola ed accende i cuori dalle Alpi
all’Oceano Indiano: vincere! Stefano Menichetta. “In questi giorni si
sconta l’antica cessione di autonomia in favore di un ceto intellettuale
che del radicalismo tendente al giustizialismo fa la propria ragion
d’essere. I Travaglio, i Padellaro, i Flores che… annullano la persona
di Enrico Letta perché ‘nipote’ so – no personaggi che fanno orrore. Il
loro linguaggio suscita repulsione. Il loro livore di sconfitti mette i
brividi. Ma in condizioni normali il loro posto dovrebbe essere ai
margini, in quell’angolo della società e del dibattito pubblico dove
sempre si collocano gli odiatori di professione. Solo qui capita che da
quell’angolo si riesca a condizionare gli umori della sinistra italiana
che … ha sempre cercato di parlare e di ragionare di politica, lasciando
ai neofascisti la necrofilia e l’intimidazione. Ha problemi grossi da
risolvere, Letta. Ma sembrano inezie se paragonati alla guerra contro i
battaglioni della morte che dobbiamo vincere noi” (Stefano Menichini,
Europa , 26-4). E vinceremo, per dare finalmente un lungo periodo di
pace con la giustizia all’Italia, all’Europa, al mondo. Beppe
Lettergnini. “L’incarico a Letta non ha ancora 48 ore e già si sentono i
soliti commenti bellicosi, le consuete dichiarazioni stentoree… Questa è
l’ultima spiaggia della Penisola: più in là c’è solo il mare in
tempesta e un azzardo pericoloso. I saggi nominati dal presidente
Napolitano si sono rivelati concreti. In poco tempo hanno prodotto poche
pagine di buone idee: nel Paese pleonastico, una piccola rivoluzione…
L’Italia ha voglia di novità. È primavera: bisogna cambiare aria nelle
stanze e nel cervello… Enrico Letta è un uomo competente, calmo e
relativamente giovane” (Beppe Severgnini, Corriere , 26-4). Ma anche
marito premuroso, padre esemplare e soprattutto nipote. Aldo
Cazzulletta. “Non ha citato Kennedy – ‘la fiaccola è stata consegnata a
una nuova generazione… ’ – ma ha detto più o meno le stesse cose,
Napolitano. Le ha dette mentre affidava l’incarico di formare il ‘suo’
governo a un uomo di cui potrebbe essere il nonno”. Il posto di zio era
già impegnato. “L’Italia, paese considerato gerontocratico, fa un salto
in avanti inatteso e si colloca all’avanguardia in Europa… A Palazzo
Chigi arriva il ragazzo che amava il Drive In e gli U2” (Aldo Cazzullo,
Corriere , 25-4). Largo ai giovani, pancia in dentro e petto in fuori.
Alessandro Salletta. “Complimenti Gina, al secolo Gianna Fregonara
(giornalista del Corriere, ndr), candidata first sciura del Paese. Per
l’incarico al marito, ovvio, ma soprattutto perchè sono certo che se
oggi Enrico Letta è sulla soglia di Palazzo Chigi dietro c’è lo zampino
della moglie, la Gina appunto. E senza presunzione, mi prendo un
piccolo, assolutamente casuale merito per averla spinta con qualche
sotterfugio a Roma tra le braccia del suo futuro marito che all’epoca
dei fatti né io né lei conoscevamo… Tornava sempre con la notizia giusta
e si aprì la strada con le sue capacità. Anni dopo non tornò più, aveva
trovato la notizia del fidanzato giusto. Tale Enrico Letta. E dopo non
poca sofferenza, come nelle favole, vissero felici e contenti e con tre
figli. Brava Gina, non ci deludi mai” (Alessandro Sallusti, il Giornale,
25-4). Anche il povero Sallusti, negli ultimi giorni, ha passato
notevoli sofferenze, soprattutto alla lingua: molto capiente, ma non
abbastanza per abbracciare, oltre al Pdl e al suo padrone, anche tutto
il Pd e persino Monti e i suoi. Come fare? Alla fine ha optato per un
trapianto di lingua, e ora ne ha due. L’articolo sopra citato è stato
scritto con la seconda (il finale della fiaba è custodito nell’apposito
dossier “Fregonara” e sarà divulgato se, Dio non voglia, il marito non
facesse il bravo). L’Epifania. “Il Pd ritrovi coraggio” (Guglielmo
Epifani, l’Unità, 23-4). “Il Pd ritrovi la sua funzione” (Guglielmo
Epifani, l’Unità, 28-4). Ogni cinque giorni, Guglielmo Epifani occupa
uno spazietto in basso a sinistra sulla prima pagina dell’Unità per
rammentare al Pd qualche oggetto smarrito da ritrovare. Prossime
puntate: “Il Pd ritrovi le chiavi di casa”, “Il Pd ritrovi il calzino
sinistro”, “Il Pd ritrovi l’auto posteggiata in doppia fila e rimossa
dai vigili”. Seguirà, con comodo, “Il Pd ritrovi i suoi elettori”.
Antonio Socciletta. “L’arte del compromesso ci salverà dai moralisti. In
un’omelia del 1981 Ratzinger elogiava la mediazione come strumento
della politica. Contro le ideologie che esaltano lo Stato assoluto. Oggi
tre politici cattolici, Enrico Letta, Angelino Alfano e Mario Mauro,
portano avanti i valori di dialogo e razionalità che furono di De
Gasperi… Un nuovo umanesimo e un nuovo rinascimento potrebbero essere
l’orizzonte e l’ambizione di questa pacificazione nazionale. Se non
fallisce e non viene sabotata” (Antonio Socci, Libero , 27-4). Dio lo
vuole. E anche Ratzinger. E De Gasperi. Ma pure Lorenzo il Magnifico.
Claudio Sardoletta. Prima della cura: “Continuiamo a pensare che le
larghe intese costituiscano un pericolo, che la riproposizione di uno
schema simil- Monti abbia troppe controindicazioni dopo quanto è
successo, che la frattura politica apertasi nella società richieda una
competizione trasparente e differenze leggibili tra destra e sinistra”
(Claudio Sardo, l’Unità, 23-4). Dopo la cura: “Il governo di Enrico
Letta nasce da uno stato di necessità e da una grave sofferenza
politica… Il governo Letta, così nuovo e così difficile, è
un’opportunità per la sinistra” (Claudio Sardo, l’Unità, 28-4). Che s’ha
da fa’ per campa’. Claudio Sardomuto. “Nel suo governo non ci sono i
protagonisti del conflitto politico di questi anni… Letta è riuscito a
mettere insieme una squadra di ministri giovani e a sottrarsi ai veti di
Berlusconi, promuovendo un rinnovamento generazionale che, magari,
potrà aiutare persino l’evoluzione democratica del partito della destra”
(C. Sardo, 28-4). Alfano, Lupi, Quagliariello e De Girolamo, tutti
aderenti alla celebre mozione parlamentare “Ruby nipote di Mubarak”,
sono notoriamente estranei al conflitto politico di questi anni. E
comunque, vivaddio, sono così giovani. Giovinetta, giovinetta, primavera
di belletta. M’hai detto un Prospero. “D’Alema è temuto dalla destra,
che lo indica come il simbolo del nemico irriducibile, che è meglio
tenere alla larga perchè richiama una storia, rievoca una tradizione,
risveglia delle memorie che è preferibile spegnere per sempre. Eppure un
politico dell’esperienza internazionale di D’Alema avrebbe potuto
contribuire all’azione incisiva di un governo che non può rinunciare a
definire dei momenti di svolta nelle politiche prevalenti nello
scacchiere europeo. Un ponte solido verso la sinistra europea” (Michele
Prospero, l’Unità, 28-4). “La squadra ha perso qualcosa in competenza e
valore aggiunto rinunciando a un ministro degli Esteri come Massimo
D’Alema” (C. Sardo, l’Unità, 28-4). Ecco l’unico difetto nel governo
Letta: manca D’Alema. Il Lettaggero. Il direttore del Messaggero Virman
Cusenza, giornalista ma soprattutto sarto, confeziona per il nuovo
governo un abitino su misura. Titolo: “Un cambio di stagione”.
Svolgimento: “Non c’è commento migliore al governo appena nato della
foto che ritrae Giorgio Napolitano mentre stringe le mani di Enrico
Letta. Ed è difficile capire dove cominci la stretta del primo e finisca
la presa del secondo, come padre e figlio sinergicamente s’affidano
l’un l’altro prima delle navigazioni impegnative della vita”.
Corbezzoli, gliele ha cantate chiare. Del resto, di fronte a quelle mani
di fata, la prima domanda che si ponevano pensosi tutti gl’italiani era
appunto questa: chissà dove comincia la stretta del primo e finisce la
presa del secondo? Ah saperlo. Ma anche: va bene il padre, va bene il
figlio, ma dove sarà mai lo zio? A pag. 3 Alberto Gentili colma anche
questa lacuna: lo zio non c’è, ma c’era fino a qualche minuto prima a
reggere la coda al Cainano, poi gli ha telefonato: “Sei stato bravo,
Enrico, e sei molto maturato”. Ecco, a 47 anni il pupo ha messo su i
primi dentini e sta per smettere di gattonare. Per il resto, avverte il
Cusenza, “il richiamo al 1946 non è casuale”: “Il nuovo governo Letta è
chiamato” a “una piccola grande rifondazione del concetto di buon
governo perchè almeno generazionalmente sono venuti meno io muri e gli
steccati che hanno avvelenato gli ultimi decenni, con la violenza e
l’odio e la loro interminabile scia di sangue”. Insomma quella di De
Gasperi che nel ’46 governò con Togliatti è “un’impresa simile (al netto
del conflitto mondiale)” a quella di Alfano che governa con Letta (al
netto dei processi a B.). Lo dice anche Letta al Messaggero : “Oggi si
chiude la guerra dei vent’anni. Ora siamo all’armistizio. La speranza è
che scoppi la pace”. Amnistia, si chiama amnistia. Eugenio Lettari.
Scalfari è il più entusiasta, fin dal titolo dell’editoriale: “Un medico
per l’Italia”. Non si sa a chi si riferisca, ma si sa a chi non si
riferisce: Alfano, che essendo soltanto il ministro dell’Interno e il
vicepresidente del Consiglio, non merita neppure una citazione. “Nelle
circostanze date è un buon governo. Enrico Letta aveva promesso
competenza, freschezza, nomi non divisivi. Il risultato corrisponde
pienamente all’impegno preso, con un’aggiunta in più: una presenza
femminile quale prima d’ora non si era mai verificata… Se i fatti
corrisponderanno alle parole molte sofferenze saranno lenite e molte
speranze riaccese”. Rimosso Alfano – ma anche Lupi, De Girolamo,
Lorenzin e Quagliariello, la banda fresca e non divisiva della nipote di
Mubarak – Scalfari ammira molto la “competenza” dell’avvocato De
Girolamo in tema di agricoltura, o della signora Lorenzin (maturità
classica) in materia di Sanità, o di Andrea Orlando (maturità
scientifica, ex responsabile giustizia del Pd) in fatto di Ambiente.
Però non ne cita nessuno, per precauzione. preferisce citare “Camillo
Prampolini” (non è uno scherzo, davvero, anche se nessuno capisce che
diavolo c’entri). Poi tributa il consueto omaggio a Sua Castità
Napolitano: Suo malgrado, ha dovuto restare al Quirinale. Suo malgrado,
ma per fortuna del Paese”. Egli, ça va sans dire, “conosce benissimo i
limiti e i doveri che la Costituzione li prescrive”: infatti li ha
violati tutti nel giro di qualche giorno. A questo punto, Scalfari
elenca i “molti precedenti” del governo Napoletta nella storia della
Repubblica. Che poi sono due. Il primo è primo il patto Moro-Berlinguer
per la non sfiducia ad Andreotti a metà anni 70, che però non c’entra
nulla, visto che il Pci non aveva ministri, nemmeno quando nel ‘78 votò
per qualche mese la fiducia. Il secondo è il governo Badoglio del 1944,
dove sì c’erano nello stesso governo ministri comunisti e democristiani:
ma nemmeno quello è un precedente, perchè l’Italia era ancora una
monarchia, oltre a essere ancora in guerra. Insomma, i “molti
precedenti” non esistono. Meglio tornare a Re Giorgio, “un presidente al
di sopra delle parti” che, “salvo Ciampi, non è mai esistito” perchè
“garantisce tutti, ma garantisce soprattutto il Paese”. Ma garantisce
soprattutto B. Giuliano Lettara. “Ora i giudici devono deporre le armi”
(Giuliano Ferrara, il Giornale, 28-4). Wow, era ora! Ferrara, sempre
così informato, ci farà sapere quanto dura l’armistizio, e soprattutto
la decorrenza e la scadenza. Insomma, da quando a quando c’è licenza di
delinquere. Così magari, prima che i giudici riprendano le armi, gli
sfiliamo il portafogli o gli svaligiamo la casa.
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