Divisivi e no - Marco Travaglio - Il F.Q. 14/05/2013
Bei tempi quando giocavamo a cowboy e indiani, o a guardie e ladri e
poi, crescendo, ci dividevamo fra destra e sinistra. Ora, con tutti i
problemi che già abbiamo, ci tocca pure domandarci se siamo o no
“divisivi” e “seminatori di odio”. E, in caso affermativo, redimerci e
scusarci per avere magari inavvertitamente sabotato la “pacificazione
nazionale”. Prodi e Rodotà non sono andati al Quirinale in quanto
“divisivi”: conoscendo B., l’avrebbero tenuto lontano dal governo;
invece Napolitano, conoscendo B., l’ha tenuto molto vicino, anzi dentro.
Enrico Letta è divenuto premier proprio perché non è divisivo: anzi, è
proprio indivisibile dallo zio. L’altro giorno un Comune toscano ha
rinunciato a intitolare la sala consiliare a un’eroina partigiana perché
la Resistenza “è divisiva”. Giusto: non c’è nulla di più partigiano dei
partigiani, che osavano combattere i fascisti, per giunta con le armi,
anziché abbracciarli fraternamente e farci un governo insieme. Molto
divisiva la requisitoria Boccassini al processo Ruby: la toga rossa ha
chiesto per il Cavaliere di Hardcore 6 anni di galera più interdizione
perpetua, anziché congratularsi per le cene eleganti e soprattutto per i
dopocena, così aprendo un’insanabile divisione fra puttanieri e non. Un
po’ come il divisivo Battiato, saggiamente cacciato dal governatore
Crocetta per aver eretto un muro invalicabile fra onorevoli troie e non.
Lo stesso dicasi della divisiva pm Annamaria Fiorillo, punita dal Csm
perché, dicendo la verità sulla notte di Ruby in Questura, ha scavato un
profondo fossato fra chi mente e chi no. Divisiva anche la Corte
d’appello di Milano che, condannando un evasore fiscale per evasione
fiscale, ha innescato pericolose spaccature fra chi non paga le tasse e
chi le paga anche per lui. Molto divisive le figlie di Tortora, che
“facevano meglio a tacere” e a cogliere la sottile ironia
nell’autoaccostamento di B. al loro genitore: egli non intendeva
paragonarsi a lui per il processo (Enzo fra l’altro era innocente), ma
per la decisiva importanza del fattore ornitologico nelle carriere di
entrambi. Gli episodi di cui sopra servano di lezione agli italiani:
ciascuno è chiamato a fare la sua parte, improntando la vita quotidiana
ai più rigorosi criteri di non-divisività e pacificazione nazionale.
Qualche esempio aiuterà a capire meglio la portata della sfida. Se siete
in auto, fermi al semaforo, e un pirata della strada ubriaco fradicio
col bottiglione di whisky in una mano e il cellulare nell’altra vi
tampona violentemente sderenandovi la macchina, contate fino a dieci
prima di uscire dalla carcassa; e, quando lo fate, andategli incontro a
braccia aperte, domandandogli se si sia fatto male, rimborsandogli
sull’unghia il danno arrecatogli e scusandovi per la vostra inopinata
presenza proprio davanti al suo Suv, scevri da qualsivoglia
atteggiamento odiatorio e divisivo. Se un ladro vi scippa la borsa per
strada, rinunciate a rincorrerlo per recuperare il maltolto (sarebbe un
sintomo inequivocabile di odio) e contribuite alla pacificazione
nazionale: se possibile, mentre s’allontana, augurategli buona fortuna e
dettategli al volo il pin del vostro bancomat. Se fate i vostri bisogni
al bagno pubblico e un teppista vi orina addosso, abbandonate inutili
odii o tentazioni divisive: lasciategli completare la minzione e
congratulatevi per la splendida mira. Se, rincasando, trovate vostro
marito a letto con un’altra, allontanatevi in punta di piedi per non
interrompere divisivamente l’amplesso e, a cose fatte, servite alla
coppia due caffè e cornetti alla crema. Se siete una bella ragazza e un
tamarro vi fa la manomorta sul bus, rifuggite da gesti inconsulti e
divisivi, tipo ceffone o urlo o chiamata al 113: anzi, ringraziate il
nuovo corteggiatore per il gentile pensiero e invitatelo a cena. Solo
così, in un futuro che tutti speriamo prossimo, avrà fine l’annosa
guerra civile permanente fra palpeggiatori e palpeggiate.
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