I ladri e i Penati - Marco Travaglio - Il F.Q. - del 24/05/2013.
In perfetta coerenza con la sua missione di depistare i lettori anziché
informarli, la gran parte della stampa titola sul falso scandalo di
Filippo Penati che incassa la prescrizione a sua insaputa dopo aver
giurato che vi avrebbe rinunciato, anziché sul vero scandalo della legge
Severino, umoristicamente chiamata “anticorruzione”, che gli ha
regalato la prescrizione anticipata. Penati ha lasciato la politica, è
tornato a fare l’insegnante (non osiamo immaginare di quale materia) e,
in un paese dove neanche i politici rinunciano alla prescrizione di
reati gravi, figuriamoci se possiamo pretenderlo dai privati cittadini.
Lo schifo è un altro: la legge bipartisan del governo Monti che
“spacchettò” il delitto di concussione, lasciando intatta quella “per
costrizione” e scorporando quella “per induzione” (quando il pubblico
ufficiale estorce denaro al privato con le buone maniere, forte del suo
potere intimidatorio, cioè nella maggior parte dei casi). La prima
fattispecie restò punita fino a 12 anni, con prescrizione di 15. La
seconda divenne un reato minore, con pena massima di 8 anni e
prescrizione di 10. Il tutto su proposta del Pd, con i voti del Pd e del
Pdl e con la firma della cosiddetta ministra della Giustizia, i cui
conflitti d’interessi di superavvocato dei maggiori gruppi
imprenditoriali e finanziari furono segnalati dal Fatto in beata
solitudine . Ciascun artefice di quel capolavoro aveva da guadagnarci:
B. risparmiava anni di galera in caso di condanna per il reato più grave
del processo Ruby (concussione per induzione); e Penati vedeva
evaporare per legge le tangenti che è accusato di aver estorto agli
imprenditori fino al 2001 e girato in parte alle casse dei Ds. Perciò
scrivemmo (insieme all’Espresso e a Liana Milella di Repubblica), che la
legge anticorruzione non era solo inutile, ma pure dannosa. Ricevemmo
piccate letterine delle molto onorevoli pd Ferranti e Finocchiaro che
negavano l’evidenza del colpo di spugna. Ora che i fatti si sono
incaricati di sbugiardarle, tacciono e fanno carriera: l’una è
presidente della commissione Giustizia, l’altra degli Affari
Costituzionali. Certi meriti vanno premiati. E l’unico che si oppose in
Parlamento alla porcata, Antonio Di Pietro, è stato espulso dal
centrosinistra e dunque dalla politica attiva, per lesa omertà. Certi
demeriti vanno puniti. E poi difficilmente un centrosinistra con Di
Pietro e Ingroia avrebbe potuto riallearsi con B. Bisognava fare pulizia
degli onesti. Ora che tutte le carte sono scoperte, lorsignori ci
risparmino almeno le tartuferie. Quelle del centro-destra e dei suoi
house organ che sparano su “Penati furbetto” che “intasca la
prescrizione” (il Giornale), “si distrae un attimo e lo prescrivono”
(Libero), ma quando il furbone B. intasca la prescrizione parlano di
assoluzione. E quelle del centrosinistra su Penati che promette di
“impugnare la prescrizione in Cassazione” (l’Unità) e sul Pd che
annuncia una nuova legge anticorruzione firmata dal Grasso ridens, ben
sapendo che non passerà mai perché il Pdl leverà le castagne dal fuoco a
tutti bloccandola. Lo vedono anche gli orbi che l’inciucio è figlio dei
ricatti incrociati che avviluppano uomini chiave di Pdl e Pd in un
unico sistema marcio: da Telecom a Parmalat, dalla banda Furbetti alla
banda Tarantini, da Finmeccanica a Montepaschi. Io copro te, tu copri
me: e la chiamano “pacificazione”. In mezzo, visti come sabota-tori
della presunta “tregua”, un pugno di pm che si ostinano a fare il loro
mestiere. In due giorni la Procura di Palermo ha sequestrato 80 milioni
di beni mafiosi e quella di Milano 1,2 miliardi (miliardi!) sottratti
dai Riva all’Ilva. Con una vera legge anti-corruzione-riciclaggio-evasione
si potrebbero recuperare enormi fortune per risolvere “i veri problemi
del Paese”. Invece questi tartufi del Partito Unico, Cancellieri in
testa, ripetono che “le priorità sono altre”. Il che, con i ladri e i
loro amici al governo, è pure vero.
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