Veni, vidi, inciuci - Marco Travaglio - Il F.Q. 29/05/2013.
Chi ha visto i tg e i talk di lunedì e ha letto i giornali di ieri s’è
fatto l’idea che gli italiani, improvvisamente impazziti tre mesi fa
quando andarono in massa a votare Grillo, siano prontamente rinsaviti
precipitandosi a premiare il Pd e le sue larghe intese col Pdl. A parte
una quota crescente di elettori che, in preda a una non meglio precisata
“disaffezione” o “distacco” dalla politica, è rimasta a casa. Corriere :
“Vince l’astensione, perde Grillo, sale il Pd”. Repubblica : “La
rivincita del Pd, crolla Grillo”. La Stampa: “Fuga dal voto, flop dei
grillini, il Pd risale”. L’Unità: “Avanti centrosinistra”, “La spinta
per ripartire”. Libero : “La tenuta del Pd allunga la vita al governo
Letta”. Poi uno legge i numeri e scopre che non ha perso solo Grillo.
Han perso tutti. Chi molto, chi moltissimo. Prendiamo Roma. Alle ultime
comunali del 2008, quando Alemanno batté Rutelli al ballottaggio, il Pd
prese 520.723 voti (34,04%) e il Pdl 559.559 (36,57%). L’altroieri il Pd
s’è fermato a 267.605 (26,26%) e il Pdl a 195.749 (19.21%). Cioè: il Pd
ha perso 295.160 voti (-43%) e il Pdl 457.935 (-65%). Ma, si dirà, era
un altro mondo: i neonati 5Stelle si fermarono al 2%. Bene. Allora
vediamo le politiche di febbraio 2013. A Roma il Pd raccolse 458.637
voti (28,66%) e il Pdl 299.568 (18,72%). Cioè: in tre mesi il Pd ha
perso per strada 191.032 voti (-41%) e il Pdl 103.819 (-34%). Che senso
ha dire che il Pd “sale”, o “avanza”, o “tiene”, o “risale” o
addirittura ottiene la “rivincita”, quando nei comuni capoluogo perde il
38% dei voti in tre mesi? Sappiamo bene che, nelle comunali, conta
arrivare primi. Ma questo varrebbe anche se la prossima volta i votanti
fossero tre, e due scegliessero il Pd e uno il Pdl: sarebbe questa una
vittoria, una salita, una risalita, una rivincita, una tenuta,
un’avanzata, una spinta? Ma ecco l’angolo del buonumore, cioè il
Giornale. Titolo: “Il voto non preoccupa il Cav: il governo rimane al
sicuro”. Svolgimento: “Che avrebbe dovuto pagare un piccolo pedaggio
alle larghe intese, il Cavaliere l’aveva messo in conto”. Piccolo
pedaggio? Perdere due terzi dei voti a Roma in cinque anni e un terzo in
tre mesi è un “piccolo pedaggio”? E l’estinzione allora che cos’è, un
medio pedaggio? Sallusti News parla anche di “flop dell’antipolitica”:
il 50% fra astenuti e grilli non gli basta, comincerà ad accorgersene
dal 90% in su. Il meglio però lo danno gli aruspici delle larghe intese,
intenti a leggere i fondi di caffè per saggiare la magnifiche sorti e
progressive dell’inciucio. Enrico Letta non ha dubbi: “Ha vinto il
governo delle larghe intese, nessun premio alle forze di opposizione.
Dicevano che il cosiddetto inciucio doveva portare Grillo all’80%: si
sbagliavano, al ballottaggio vanno solo candidati del Pd e del Pdl”. Il
Genio Nipote non s’è neppure accorto che i protagonisti delle larghe
intese, Pd e Pdl, han perso almeno un milione di voti su sette in tre
mesi (di Monti è inutile dire: non pervenuto). E non lo sfiora neppure
l’idea che Pd e Pdl vadano al ballottaggio proprio perché si presentano
l’un contro l’altro armati, non affratellati in un’unica lista, secondo
uno schema che è l’esatto opposto delle larghe intese. Ma sentite
l’acuto Epifani: “La gente ha capito che questo governo non è un
inciucio, ma un servizio al Paese”. Forse non sa che Marino è uno dei
pochi pidini che han votato contro il governo Letta. O forse pensa
davvero che a Isola Capo Rizzuto i pochi elettori superstiti, mentre si
trascinavano ai seggi, si interrogassero pensosi sui destini delle
larghe intese. Ma sì, dai, non è successo niente, anzi è tornato tutto
come prima. A parte un filo di “disaffezione”, ecco. Questi, quando
vedranno i primi i forconi, esulteranno fischiettando: “Visto? Stiamo
rilanciando l’agricoltura”. Ps. A Sulmona va al ballottaggio, secondo
classificato col 21,8%, l’ingegner Fulvio Di Benedetto, della coalizione
civica Sulmona Unita. Il quale, purtroppo, è morto 15 giorni fa. Un
altro ottimo auspicio per le larghe intese.
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